Corre lanno nel momento in cui in piena era NWOBHM si affacciano sul fiera discografico con il primo full length i
Tokyo Blade, quintetto britannico più precisamente da Salisbury, cittadina nel meridione dellInghilterra dalla storia plurimillenaria di cui vale almeno la sofferenza citare la splendida cattedrale gotica e il accanto sito di Stonehenge. I nostri arrivano allesordio dopo una notevole gavetta e tra cambi di monicker (
White Diamond,
Killer,
Gengis Khan, inizialmente di virare su
Tokyo Blade appunto), in un periodo di pieno fervore della spettacolo NWOBHM in cui ogni settimana venivano sfornati album di bands britanniche quali
Judas Priest,
Iron Maiden,
Mötorhead,
Tygers of Pan Tang,
Saxon,
Jaguar,
Raven,
Venom etc.
La band registra lesordio con la produzione di
Kevin Dixon e
Andy Allen e attraverso la label indipendente
Powerstation Records, sfornando un sound diretto, fresco, mai pretenzioso e perfettamente sintonizzato sulle frequenze NWOBHM. La formazione ruota ben salda alle sei corde di
Andy Boulton sia in fase di esecuzione sia in fase di songwriting, un mix tra heavy classico e hard rock vitaminizzato e sostenuto dal potente drumming di
Steve Pierce, un tappeto sul quale trovano risalto le linee vocali di
Alan Marsh, graffiante, grintoso e coinvolgente sia pure con lacune tecniche che emergono nei vari pezzi principalmente sulle ottave più alte. Nove pezzi per quarantatré minuti di energia metallica, tra cui vale la pena senzaltro citare la buonissima opener
Powergame, sostenuta da riffs taglienti ma allo identico tempo capaci di plasmare in maniera efficace linee melodiche costantemente in bilico tra heavy metal classico e hard rock sulle quali si innesta un refrain coinvolgente e un solo in tapping di chiara estrazione
Eddie Van Halen. Le rocciose
Break the Chains e
Liar sostenute da riffs da puro headbanging alternate da refrains di facile presa, tutti brani capaci di scorrere in modo fluido nonostante alcune incertezze tecniche di
Alan Marsh scarsamente celate dalla produzione parecchio diretta e grazie specialmente allottimo secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione chitarristico di
Andy Boulton, tanto in sede ritmica quanto in sede di solos che non a caso richiamano le sonorità che in parallelo andavano a formarsi in US grazie a
Riot e
Dokken, bands che hanno fatto anchesse leva sullenergia iniettata rispettivamente dal compianto
Mark Reale e da
George Lynch alla sei corde. Class metal con inserti hard rock, alternati a brani che trasudano
Iron Maiden da ogni nota in che modo
If Heaven is Hell, On Through the Night e
Sunrise in Tokyo, che riprende il tema dal monicker della band, sostenuta dalla solida sezione ritmica
Robbins-
Pierce e cesellata da un bel soltanto di
Boulton in modo
Mark Reale.
Con questo esordio (poi rivisto nel in edizione rimasterizzata estesa di otto bonus tracks prese da EPs successivamente pubblicati) i
Tokyo Blade hanno dato linfa a una carriera stimolante, partita con molto dinamismo e attività attorno alla metà degli Eighties che hanno portato i nostri anche ad aprire per
Metallica e
Venom, sia pure mai raggiungendo i successi in termini commerciali e di visibilità di bands quali
Iron Maiden,
Judas Priest o
Saxon, capaci di trainare il movimento NWOBHM e di evolversi poi ulteriormente dalla seconda metà degli eighties. Carriera mai da protagonisti e dimostratasi decisamente frastagliata e caratterizzata da discontinuità e svariati ostacoli principalmente dovuti ai tanti cambi di educazione e alla difficoltà nel sopravvivere alle mode e ai cambi di trends dellindustria discografica, mai protagonisti assoluti negli anni ma da veri defenders capaci di stare ad oggigiorno ancora on the road dopo praticamente quarantanni e svariati album (sia pure con
Andy Boulton irripetibile membro originario rimasto ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza in formazione),
respect and long live Tokyo Blade!Discutine con noi sul FORUM