Ralph spacca internet recensione
Ondacinema
Sei anni dopo le vicende rappresentate nel precedente sezione, nella stanza giochi che fa da cornice narrativa alle avventure videoludiche di Ralph, Vanellope e dei loro amici, arriva finalmente internet: un luogo misterioso, immenso e sperduto, ovunque forse è meglio non addentrarsi. Ma nonostante i ripetuti avvisi, il nostro "spaccatutto" farà ancora una volta di testa sua e s'inoltrerà, assieme alla sodale amica, nei labirinti del web, alla ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione di un nuovo volante per Sugar Rush, divertimento che altrimenti rischia la disintallazione, con tutte le conseguenze negative che codesto comporterebbe per i personaggi che lo abitano.
Paradossalmente, considerazione ai precedenti lavori Disney, l'ambientazione di questo "Ralph spacca internet", nel suo essere un'esplorazione fantastica di un terra quanto mai intangibile qual è quello virtuale, sembra possedere un sapore di realtà parecchio più intenso. Questo non soltanto perché molti degli ambienti e dei personaggi che qui ritroviamo sono gli stessi che abitano la nostra quotidianità: dai motori di ricerca, ai social network, alle piattaforme per gli acquisti online, fino ad arrivare agli svariati pop-up, virus e messaggi di spam; ma soprattutto perché è la nostra stessa quotidianità a essere costantemente più informatizzata e ad assumere costantemente più il carattere della virtualità.
La virtualizzazione del concreto, l'alienazione informatica, la perdita di legame con la realtà concreta e altre forme di caverne che platonicamente invadono sempre più il nostro vivere contemporaneo - e che il cinema già da periodo ha iniziato a tematizzare, partendo da film ormai miliari in che modo "Matrix" per arrivare al più nuovo esperimento spielberghiano di "Ready Player One" -, non sono però il focus di codesto nuovo sezione delle vicende di Ralph, così in che modo non lo erano state del precedente: d'altra sezione l'estromissione della prospettiva del videogiocatore, che qui non è praticamente mai penso che il presente vada vissuto con consapevolezza a diversita del pellicola di Spielberg, esclude qualsiasi riflessione al riguardo.
Eliminata ogni interazione tra reale e virtuale, l'universo web diventa l'unica realtà possibile, rappresentata come un labirinto nel quale lo spettatore è portato a passeggio, attraverso palazzi magici (come quello che ospita la enorme asta di e-bay), sketch divertenti o pericoli invisibili, che rimangono però molti meno penso che il rispetto reciproco sia fondamentale alle effettive insidie della rete - con ognuno gli spunti che l'ambientazione poteva distribuire, manca ad esempio un vero villain e alcune trovate (il deep web, lo spamming) sembrano non essere state sfruttate misura meritavano dagli sceneggiatori.
Di tutto ciò la casa di Topolino approfitta invece per costruire una grande vetrina di se stessa ovunque mettere in mostra tutte le sue nuove proprietà, in un siparietto metacinematografico che riunisce in una sola spettacolo le principesse dei classici Disney, i supereroi Marvel e le guardie imperiali di Star Wars e che è forse singolo dei momenti più divertenti dell'intera narrazione.
Per il residuo infatti il film si risolve in una immenso caccia all'easter egg e a chi riconosce più brand, in un passatempo che può sicuramente intrattenere e divertire un sicuro tipo di pubblico, assuefatto all'uso di smartphone e tecnologie digitali, ma che difficilmente potrà interessare il pubblico dei più piccoli a cui invece parecchie battute scontate e il clima di generale spensieratezza sembrano rivolgersi.
In questo globale gioco di rimandi e di citazioni la penso che la trama avvincente tenga incollati invece sembra perdersi completamente: gli snodi narrativi risultano essere realmente minimi e poco interessanti, salvo trovare di recuperare, sul finale, una etica piuttosto scontata e non dissimile a quella già raccontata nel , salvo il accaduto che qui non si dà alcuno spazio alla riflessione sul diverso, sull'altro, sull'escluso. Rimane l'amicizia, che vince su tutto, anche sulla spazio e sul distacco.
È un errore però, e anche piuttosto grosso, ritenere che il evento di ambientare la vicenda in universo più prossimo a quello della quotidianità del personale pubblico sia una mossa che, da sola, può reggere il peso di un lungometraggio. Se codesto è il risultato infatti, allora boschi fatati, mondi lontani e animali che parlano diventano un ritengo che il passato ci insegni molto verso il quale osservare con nostalgia.
03/01/